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California: la siccita' del 2015

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SICCITà IN CALIFORNIA: L’AMERICAN DREAM SI SCONTRA CON I LIMITI DELLA NATURA

“Non potete più vivere nel modo in cui avete fatto fino ad oggi …  Ci siamo imbarcati in un esperimento che nessuno ha mai provato prima in California: 38 milioni di persone, con 32 milioni di veicoli, che vivono a un livello di comfort che noi tutti aspiriamo ad avere. Questo richiede un cambiamento.”


Con queste parole il governatore Californiano Jerry Brown ha fissato l’obiettivo di ridurre del 25% l’acqua consumata complessivamente nello stato, obiettivo che verrà raggiunto con diverse misure a seconda delle zone e delle città.
Questo per far fronte all’ondata di siccità che sta mettendo in ginocchio la California, dove gli stili di vita adottati dai ricchi abitanti non sono compatibili con la natura tendenzialmente arida del territorio, aggravata dai cambiamenti climatici.
Giardini all’inglese attorno ad ogni villetta, piscine private, campi da golf sono lussi che i californiani non possono più permettersi. A Palm Springs, nel bel mezzo del deserto, ciascun abitante consuma al giorno circa 800 litri d’acqua, il doppio della media nazionale. In questa “oasi” decisamente insostenibile, le agenzie urbane dovranno ridurre il loro consumo di acqua del 50%, e i prati attorno agli edifici verranno sostituiti con una natura più adatta al territorio. (http://www.nytimes.com/2015/04/05/us/california-drought-tests-history-of-endless-growth.html?_r=1)
Campagne di sensibilizzazione chiedono agli abitanti di sostituire con rocce e piante grasse (che necessitano meno acqua) i loro giardini che fino ad ora erano tenuti verdi da annaffiatori automatici, e incentivi premiano chi istalla sanitari a basso consumo di acqua.
Ma non solo i beni di lusso sono in pericolo: l’agricoltura è in crisi, l’acqua per irrigare i campi sempre più scarsa e costosa. Il piano di riduzione dei consumi non comprende per ora le attività agricole, ma nelle prossime settimane anche l’uso idrico degli agricoltori verrà regolamentato.
Nel frattempo però, ci stanno pensando i petrolieri a sopperire alla mancanza d’acqua che mette in ginocchio gli agricoltori. Insieme al petrolio e al gas, che sono estratti intensivamente in California, le trivelle pompano dal sottosuolo anche ingenti quantità di acqua salata (10 barrels ogni barrel di petrolio). E i petrolieri vogliono ricavare profitti anche dagli “scarti”.


È così che due compagnie estrattive, la Chevron e la California Resources Corporation stanno vendendo l’acqua salata di scarto, non sottoposta a nessun tipo di analisi o depurazione, agli agricoltori, che la usano per irrigare i campi di cedri, noci e uva. Nel solo Kern County, le due compagnie vendono circa 10 miliardi di litri d’acqua (http://www.reuters.com/article/2015/04/02/us-usa-drought-california-oil-idUSKBN0MT05K20150402).
Inutile dirlo, gli effetti a lungo termine dell’utilizzo agricolo di queste acque di scarto potrebbero essere disastrosi. L’alto contenuto di sodio dell’acqua salata danneggia le piante, le cui foglie ingialliscono, e rende nel tempo il suolo impermeabile e sterile.
Tutto ciò non viene regolamentato dallo stato, e nove uffici regionali addetti alle risorse idriche permettono il riciclo delle acque di scarto per usi agricoli. Controlli annuali vengono effettuati sul contenuto di sale e di boro delle acque, ma nessun test è obbligatorio per quanto riguarda altri componenti pericolosi, come metalli pesanti, sostanze radioattive e prodotti chimici che vengono utilizzate nell’estrazione di gas e petrolio. (http://www.newsweek.com/california-farmers-rely-oil-wastewater-weather-drought-319648).
Queste stesse compagnie che stanno lucrando sulla siccità consumano oltretutto ingenti quantità d’acqua: in California, l’industria estrattiva usa quasi 8 milioni di litri d’acqua pulita al giorno (http://www.reuters.com/article/2015/04/02/us-usa-drought-california-oil-idUSKBN0MT05K20150402).
Eppure nessuna restrizione sul consumo d’acqua riguardante le attività di estrazione è entrata in vigore, né le attività di fracking (che richiedono ingenti quantità d’acqua) sono state interrotte nello stato. Il governatore democratico Brown, che chiede appunto un cambiamento nello stile di vita insostenibile dei suoi concittadini, si difende dalle critiche affermando che frenare l’industria del petrolio non gioverebbe a uno stato così dipendente dai suoi prodotti.
È proprio questo il punto. Crisi come queste ci mettono di fronte agli errori perpetuati da decenni: non solo gli eccessi degli stili di vita dei paesi ricchi, ma anche una crescita illimitata e mal-regolata, e soprattutto la dipendenza dai combustibili fossili. Pensare di risollevarsi senza cambiare radicalmente, eliminando le cause che hanno portato alla crisi, è una pericolosa illusione. Proprio come cercare di far fronte alla siccità irrigando i campi agricoli con l’acqua di scarto delle trivelle.
Una transizione verso fonti energetiche rinnovabili, un sistema agricolo più sostenibile (che riduca gli scarti e il consumo di acqua) e uno stile di vita meno impattante diventa sempre più impellente di fronte alle crisi causate o aggravate dai cambiamenti climatici, dal sovrappopolamento e dalla crescita sregolata degli ultimi decenni. La siccità in California, come tanti altri disastri, deve essere un’occasione per impegnarsi in questa transizione, e non un momento in cui aggravare i fattori di crisi in nome dell’emergenza.




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